HONEY
HUNGRY HOME
HONEY HUNGRY HOME
In Honey Hungry Home le immagini hanno cessato di essere protagoniste e sono la trama del tessuto insieme ai punti cuciti energicamente sopra di esso a raccontare le parole non
dette. Quelle parole soffocate, mute, come un H aspirata. E le parole sommerse sono casa, dolcezza, è l’urlo contenuto e disperato del “ ho fame”.
Gli intrecci del tessuto sono contenitore di tutto il sentire dell’artista che ha astratto al massimo l’immagine asciando solo qualche piccola, minima traccia che si perde galleggiando nel bianco latteo, nel blu turchese e nell’arancio esplosivo degli sfondi. Spesso usiamo chiamarli archetipi, simboli. Per la Martinez sono dei relitti di parole tante volte gridate. Urlate nei suoi titoli, o talvolta, in opere precedenti dell’artista, ricamati sulla tela.
Non a caso il tessuto utilizzato per queste opere appositamente pensate per la mostra in Gilda è la iuta. Materiale povero ma forte, spesso utilizzato per la costruzione di sacchi contenitori di prodotti agricoli, quali tuberi, granaglie e sementi. Un materiale tanto grezzo quanto incredibilmente sexy. Né poetico né romantico, un materiale diretto, espressivo e resistente.
Ora la Martinez su quella materia traccia tutti i bisogni della nostra esistenza. Quei bisogni che nascono solo da una dimensione di affamamento verso la vita.
Una fame di attenzioni, di cura, di casa, di affetto, di normalità. Home è la casa di una famiglia. Honey è il nome di un figlio. Hungry è quello stato dell’essere che diventa motore di tutta una vita.
Questa fame di vita, di conoscere la vita, di spremerla fino in fondo è il motore stesso della creazione per un’artista. Usciamo dall’utero materno, ci affacciamo alla vita e strilliamo. Strilliamo per la fame. Ed il soddisfacimento di quella fame ci rende parte attiva e passiva nei tanti ruoli che la vita ci destina.
Solo essendo affamati ci muoviamo alla ricerca e alla scoperta del mondo.